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330 | siviglia. |
di bastimenti, di golette, di barconi si stende sul fiume, e fra la Torre dell’Oro e il palazzo del Duca, è un va e vieni di barchette. Tramontava il sole. Una folla di signore formicolava pei viali, frotte di operaie passavano nel ponte, ferveva il lavoro sui bastimenti, sonava una banda musicale nascosta tra gli alberi, il fiume era color di rosa, l’aria odorava di fiori, il cielo pareva tutto in fuoco.
Rientrai in città, e godetti il meraviglioso spettacolo di Siviglia notturna. I patios di tutte le case erano illuminati; quei delle case modeste, rischiarati da una mezza luce che ne abbelliva d’un’aria di mistero la grazia; quei dei palazzi, pieni di fiammelle, che facevan sfolgorare gli specchi e scintillare come getti d’argento vivo gli zampilli delle fontane, e luccicare di mille colori i marmi dei vestiboli, i musaici delle pareti, le vetriere delle porte, i cristalli dei doppieri. Si vedeva dentro un formicaio di signore, si sentiva per tutto un suon di risa, di voci, di musiche; pareva di passare in mezzo a tante sale da ballo; da ogni porta usciva un’onda di luce, di fragranze e d’armonie; le strade erano affollate; fra gli alberi delle piazze, sotto gli atrii, in fondo ai vicoli, sui terrazzini, da ogni parte si vedevan gonnelle bianche ondeggiare, sparire e riapparire nell’ombra; e testine ornate di fiori vezzeggiare alle finestre; e gruppi di giovani attraversar la folla gettando allegre grida; e gente salutarsi e discorrere fra le finestre e la strada, e per tutto un moto affrettato, un gridìo, un riso, una gaiezza carnevalesca.