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312 cordova.


città. Per descrivere tutto quello che v'è di notevole ci vorrebbe un volume; è un vero Museo d'antichità romane ed arabe; vi si trovano a profusione colonne militari, iscrizioni in onore degli imperatori, resti di statue e di bassorilievi; sei antiche porte; un gran ponte sul Guadalquivir, del tempo di Ottavio Augusto, ricostrutto dagli Arabi; rovine di torri e di mura, case che appartennero ai Califfi, e che serbano le colonne e gli archi sotterranei delle sale da bagno; e per tutto porte, vestiboli, scale, da far la delizia d'una legione d'archeologi.

Verso mezzogiorno, passando per una stradina solitaria, vidi scritto sul muro d'una casa, accanto a un'iscrizione romana: — Casa de huespedes. Almuerzos y comidas; — e leggendo, sentii lo stimolo, come dice il Giusti, di sì bassa fame, che deliberai di saziarla in quel qualunque bugigattolo al quale m'ero abbattuto. Infilai una porticina, mi trovai in un patio. Era un patio meschino, senza marmi e senza fontane, ma bianco come la neve e fresco come un giardino. Non vedendo nè tavole nè seggiole, temetti d'aver sbagliato porta, e mi mossi per uscire. Una vecchierella, sbucata non so di dove, mi arrestò.

"Si mangia?" domandai.

"Si señor" mi rispose.

"Che cosa c'è?"

"Uevos, chorizo, chuletas, pescado, naranjas, vino de Málaga."

"Muy bien: tráigame Usted todo lo que Usted tiene."

Cominciò a portarmi la tavola e la seggiola, ed