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cordova. 311


grosse labbra, con quei grandi occhi. Non ne incontrai. Andando verso il centro della città, vidi le prime Andaluse, signore, signorine, donne del popolo, quasi tutte piccine, sottili, ben fatte, alcune belle, molte simpatiche, la maggior parte nè carne nè pesce, come in tutti i paesi. Nel vestire, all'infuori della così detta mantilla, nessuna differenza dalle donne francesi e nostre; gran volume di capelli finti, a treccie, a ciocche, a lunghi riccioli, e sottane succinte, a sgonfietti e increspature, e stivaletti col tacco a punta di pugnale. L'antico costume andaluso è scomparso dalle città.

Credevo che sul far della sera le strade sarebbero state affollate; ma non vidi che poca gente, e soltanto nelle strade dei quartieri principali; le altre rimasero deserte come nelle ore della siesta. E convien passare appunto per queste strade deserte, per goder Cordova la notte. Si vedono brillare i lumi nei patios; si vedono, negli angoli oscuri, le coppie amorose strette in intimo colloquio; la ragazza, per lo più, alla finestra, con una mano abbandonata mollemente fuori dell'inferriata, e il giovane accanto al muro, in atteggiamento poetico, e coll'occhio all'erta; non mai tanto però che gli riesca di staccar la bocca da quella mano, prima che se ne accorga chi passa; e si senton suoni di chitarra, mormorii di fontane, sospiri, risa di fanciulle, fruscii misteriosi...

L'indomani mattina, ancora tutto turbato dai sogni orientali della notte, ricominciai a girare per la