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cordova. | 299 |
lenzio. Ed a ogni porta un nuovo spettacolo: archi, colonne, fiori, zampilli, palme; una meravigliosa varietà di disegni, di tinte, di luce, di profumi; qui di rose, là di aranci, più là di viole; e col profumo un soffio d'aria fresca, e coll'aria un suono sommesso di voci di donne, e stormir di foglie, e canto d'uccelli; un'armonia varia e soave, che senza turbare il silenzio della strada, molce l'orecchio come l'eco d'una musica lontana. Ah! non è un sogno! Madrid, l'Italia, l'Europa, sono certo a una grande distanza di qui! Qui si vive un'altra vita, qui spira l'aria d'un altro mondo, io sono in Oriente!
Mi ricordo che a un certo punto mi arrestai in mezzo alla strada e, non so come, mi accorsi improvvisamente ch'ero tristo e inquieto, e che nel mio cuore v'era un vuoto che la meraviglia e il piacere non bastavano a colmare. Io sentivo un bisogno irresistibile di penetrare in quelle case e in quei giardini, di squarciare, per dir così, il velo di mistero, che avvolgeva la vita della gente sconosciuta che vi era dentro; di partecipar di quella vita; di afferrare una mano, e di fissare i miei occhi in due occhi pietosi, e di dire: — Sono uno straniero, son solo, voglio esser felice anch'io, lasciatemi stare in mezzo ai vostri fiori, lasciatemi godere di tutti i segreti del vostro paradiso, ditemi chi siete, come vivete, sorridetemi, quetatemi, la mia testa brucia! — E questa tristezza giunse sino a tal segno, che dissi