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VIII.
Arrivato a Castillejo dovetti aspettare fino a mezzanotte il treno dell'Andalusia; desinai a uova sode e ad aranci, con un po' d'innaffio di Val de Peñas, brontolai una poesia dell'Espronceda, chiaccherai un po' con un doganiere (il quale, tra parentesi, mi fece la sua professione di fede politica: Amedeo, libertà, accrescimento di paga ai doganieri, ec.); finchè s'udì il sospirato fischio, ed entrai in un carrozzone pieno stipato di donne, di ragazzi, di guardie civili, di scatole, di cuscini, d'involti; e via, con una rapidità insolita sulle strade ferrate di Spagna. La notte era bellissima; i miei compagni di viaggio parlavano di tori e di Carlisti; una bella ragazza, che più d'uno divorava cogli occhi, fingeva di dormire, per scaldare le fantasie con un saggio dei suoi atteggiamenti notturni; chi faceva cigarritos, chi sbucciava aranci, chi canterellava ariette di Zarzuela. Nullameno, dopo pochi minuti, m'addormentai. Credo che avevo già sognato la Moschea di Cordova e