tici, va al teatro in palco, frequenta il più signorile caffè di Madrid, è salutato per la strada con profonde scappellate da persone di garbo. Gli espada illustri, come il Frascuelo, il Lagartijo, il Cayetano, guadagnano la bellezza di qualche diecina di mila lire all’anno, possedono case e ville, abitano in appartamenti sontuosi, vestono con isfarzo, profondon monti di scudi nei loro vestiti inargentati e dorati, viaggiano da principi e fumano sigari d’Avana. Il loro vestire, fuor del Circo, è curiosissimo: un cappello all’Orsini di velluto nero, una giacchettina stretta alla vita, sbottonata, che non arriva a toccare i calzoni; un panciotto aperto fino all’ombelico, che lascia vedere una camicia bianca finissima; nessuna cravatta; una fascia di seta rossa o azzurra intorno ai fianchi; un par di calzoni giusti alla gamba come calze da ballerini, un par di scarpette di pelle del Marocco ornate di ricami, un piccolo codino a treccia che scende sul dorso; e poi bottoni d’oro, catenelle, diamanti, anelli, ciondoli, tutta una bottega da orefice addosso. Molti tengon cavallo da sella, qualcuno carrozza, e quando non ammazzano, son sempre in giro al Prado, alla Puerta del Sol, nei giardini di Recoletos, colle loro spose o le loro amanti splendidamente vestite e amorosamente superbe. I loro nomi, i loro visi, le loro gesta sono assai più noti al popolo che le gesta, i visi e i nomi dei comandanti d’esercito e dei ministri di Stato. Toreros nelle commedie, toreros nelle canzoni, toreros nei quadri, toreros nelle vetrine dei