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madrid. | 193 |
nare il cielo, tutti gli spettatori in piedi, le guardie in moto, i toreros, di attori, divenuti spettatori. Altre volte è un gruppo di giovanotti burloni che si voltan tutti insieme da una parte gridando: "Eccolo là." — "Chi?" — Nessuno; ma intanto i vicini si alzano, i lontani salgono in piedi sui sedili, le signore si sporgon fuori dei palchi; in un momento tutto il Circo è sossopra. Allora il gruppo dei giovanotti dà in una sonora risata; i vicini, per non parer minchioni, fanno eco; si ride nei palchi, si ride nelle gallerie, diecimila persone ridono. Altre volte è uno straniero, spettatore per la prima volta della corsa dei tori, che sviene; la notizia si spande in un baleno, tutti s'alzano, tutti cercano, tutti gridano, si fa un casa del diavolo che non ha nome. Altre volte è un bell'umore che saluta un suo amico posto all'estremità opposta del Circo con un portavoce che fa l'effetto d'uno scoppio di tuono. Quella grande folla è agitata in pochi istanti da mille sentimenti contrarii; passa con una vicenda incessante dal terrore all'entusiasmo, dall'entusiasmo alla pietà, dalla pietà all'ira, dall'ira all'allegrezza, alla meraviglia, alla gioia sfrenata.
L'impressione insomma che lascia nell'animo questo spettacolo è indescrivibile, è un miscuglio di sentimenti nel quale è impossibile raccapezzar nulla di schietto, non si sa che pensarne. A momenti, inorriditi, vorreste fuggire dal Circo, e giurate di non tornarci mai più; a momenti, meravigliati, rapiti, quasi ebbri, non vorreste che lo spettacolo avesse mai fine;