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lettanti che non stan più nella pelle; operai, poveri che non fumano più il cigarrito per aver quei pochi soldi il giorno dello spettacolo. Finalmente s'arriva alla vigilia: il sabato mattina, prima dell'alba, in una stanza a terreno della strada d'Alcalà, si cominciano a vendere i biglietti; v'è già una folla di gente prima che s'apra la porta; urlano, si pigiano, si picchiano; venti guardie civili colla rivoltella alla cintura duran fatica a ottener un po' di quiete; fino a notte è un via vai incessante. Spunta il giorno sospirato: lo spettacolo comincia alle tre; a mezzodì muove gente da tutte le parti verso il Circo; il Circo è all'estremità del borgo di Salamanca, al di là del Prado, fuori di porta Alcalà; tutte le strade che vi conducono, sono corse da una processione di popolo; nei dintorni dell'edifizio è un formicolaio; arrivano drappelli di soldati e di volontarii della libertà, preceduti dalle bande musicali; una turba d'acquaioli e d'aranciai empiono il cielo di grida; i rivenditori di biglietti corrono qua e là chiamati da cento voci; disgraziato chi non ha ancora il suo biglietto! pagherà il doppio, il triplo, il quadruplo! ma che importa? si pagò un biglietto anche cinquanta, anche ottanta lire! Si aspetta il Re, si dice che verrà pure la Regina; cominciano ad arrivare le carrozze dei pezzi grossi; il duca Fernan Nunez, il duca di Abrantes, il marchese de la Vega de Armijo, una folla di grandi di Spagna, le deesse dell'aristocrazia; i ministri, i generali, gli ambasciatori, tuttociò che v'è di bello, di splendido e di potente nella