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madrid. 159


d'un bel viaggio questa di trovarsi ad avere nella mente una folla di belle immagini e nel cuore un tumulto di grandi affetti, e non potere, non sapere esprimerne che una sì piccola parte! Con che profondo sdegno lacererei queste pagine quando penso a quei quadri! O Murillo, o Velasquez, o povera penna mia!


Pochi giorni dopo ch'ero arrivato a Madrid, vidi per la prima volta, sboccando dalla strada d'Alcalà nella piazza della Porta del Sole, il re Amedeo. Provai un piacere vivissimo, come se avessi riveduto il più intimo dei miei amici. È curiosa quella di trovarsi in un paese dove l'unica persona che si conosca è il Re! Verrebbe voglia di corrergli dietro gridando: — Maestà! son io, sono arrivato. —

Don Amedeo seguiva a Madrid le abitudini paterne. Si levava all'alba e andava a fare una passeggiata nei giardini del Moro che si stendono tra il Palazzo reale e il Manzanare; o si recava a visitare i Musei, attraversando la città a piedi, con un solo aiutante di campo. Las criadas, tornando a casa trafelate colla cesta ripiena, raccontavano alle padrone sonnecchianti che l'avevano incontrato, che gli eran passate accanto, quasi da toccarlo; e le padrone repubblicane dicevano: — Asì debe hacer, — e le carliste storcevan la bocca mormorando: — Que clase de rey! — (che razza di re), o come intesi dire una volta: — Quiere á toda costa que le peguen un tiro. — (Vuole a tutti i costi che gli tirino una