Dopo le opere di questi quattro grandi maestri, vi son da ammirare i quadri di Joanes, artista intimamente italiano, a cui il disegno corretto e la nobiltà dei caratteri valsero il titolo, benchè profferito sotto voce, di Raffaello spagnuolo; non nell’arte, ma nella vita simile a frate Angelico, poichè il suo studio era un oratorio, dove si digiunava e facea penitenza, ed egli pure, prima di mettersi all’opera, andava a pigliar la comunione. Poi i quadri di Alonso Cano; i quadri del Pacheco, maestro del Murillo; del Pareja, schiavo del Velasquez; del Navarrate il Muto; del Menendez, gran pittore di fiori; dell’Herrera, del Coello, del Carbajal, del Collantes, del Rizi. Del Zurbaran, uno dei più grandi pittori spagnuoli, degno di star accanto ai tre primi, v’è poco. Di quadri d’altri artisti, minori di quegli accennati, ma pure per meriti diversi ammirabili, son pieni i corridoi, le anticamere, le sale di passaggio. Ma non è questo il solo Museo di pittura di Madrid: vi sono centinaia di quadri nell’Accademia di San Fernando, nel ministero del Fomento, e in altre Gallerie private. Ci vorrebbero mesi e mesi a veder bene ogni cosa; che non ci vorrebbe a descrivere, anche a chi avesse ingegno da tanto? Uno dei più potenti scrittori di Francia, amantissimo della pittura e gran maestro di descrizioni, messo al punto, si spaventò, e non seppe far di meglio che cavarsi d’impiccio dicendo che ci sarebbe troppo da dire; e s’egli stimò bene di tacere, a me deve sembrare d’aver già detto anche troppo. È una delle più dolorose conseguenze