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10 | barcellona. |
tellina e maestà di manto. A tutte le stazioni della strada ferrata ce n’eran parecchi, ognuno con uno scialle di diverso colore, non pochi vestiti di panni fini e freschi, quasi tutti pulitissimi, e atteggiati con una certa dignità, che davan risalto al loro costume pittoresco. Pochi visi bruni; i più tendenti al bianco; gli occhi neri e vivaci, ma senza il fuoco e la mobilità degli sguardi andalusi.
Via via che si va oltre, spesseggiano i villaggi, le case, i ponti, gli acquedotti, tutte le cose che annunziano la vicinanza d’una popolosa e ricca città commerciale. Granollers, Sant’Andrea di Palomar, Clot, son circondati di opifici, di ville, di orti, di giardini; per tutte le strade si vedon lunghe file di carri, frotte di contadini, armenti; le stazioni della strada ferrata sono ingombre di gente; chi non lo sapesse, crederebbe d’attraversare una provincia d’Inghilterra, piuttosto che una provincia di Spagna. Oltrepassata la stazione di Clot, che è l’ultima prima d’arrivare a Barcellona, si vedono da ogni parte vasti edifizi di mattoni, lunghi muri di cinta, mucchi di materiali da costruzione, torri fumanti, officine, operai; e si sente, o par di sentire un rumor sordo, diffuso, crescente, che è come il respiro affannoso della gran città che si agita e lavora. In fine, s’abbraccia con un colpo d’occhio Barcellona intera, il porto, il mare, una corona di colli, e ogni cosa si mostra e sparisce in un punto, e voi rimanete sotto la tettoia della stazione col sangue sossopra e la testa confusa.