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madrid. | 151 |
dezza naturale. Son due quadri che fanno inorridire. Non si può immaginar nulla di più tremendo, non si può dare alla prepotenza una forma più esecrabile, alla disperazione un aspetto più spaventoso, al furore della mischia un'espressione più feroce. Nel primo, un cielo oscuro, il lume d'una lanterna, un lago di sangue, un mucchio di cadaveri, una folla di condannati a morte, una fila di soldati francesi nell'atto di sparare; nell'altro, cavalli svenati, cavalieri tirati giù di sella, pugnalati, pestati, lacerati; che visi! che atteggiamenti! par di sentire le grida e di veder correre il sangue; la scena vera non potrebbe destar più orrore; il Goya deve aver dipinto quei quadri cogli occhi stravolti, colla schiuma alla bocca, colla furia d'un ossesso; è l'ultimo segno a cui può arrivar la pittura prima di tradursi in azione; varcato quel segno, si butta il pennello e si afferra un pugnale; per far qualcosa di più terribile di quei quadri, bisogna uccidere; dopo quei colori, c'è il sangue.
Del Ribera, che noi conosciamo sotto il nome di Spagnoletto, v'è tanti quadri da formarne un Museo; la maggior parte figure di santi, di grandezza naturale; un Martirio di San Bartolommeo di più figure, e un Prometeo colossale incatenato a uno scoglio. Altri quadri di lui si trovano in altri Musei, all'Escurial, nelle chiese, chè fu artista fecondissimo e operosissimo, come quasi tutti gli artisti spagnuoli. Veduto un quadro suo, si riconoscono, al primo colpo d'occhio, tutti gli altri; e non è me-