lieri disposti in fila, a tre a tre, a due a due, tutti rivolti nello stesso senso, come uno squadrone in colonna; e vi si distinguono a primo aspetto, fra le altre, le armature di Filippo II, di Carlo V, di Emanuele Filiberto, di Cristoforo Colombo. Qua e là, sopra piedestalli, si vedono elmi, cassidi, morioni, golette, rotelle, appartenenti a’ re d’Aragona, di Castiglia, di Navarra, lavorate a rilievi finissimi d’argento che rappresentan battaglie, scene mitologiche, figure simboliche, trofei, grotteschi, ghirlande; alcuni d’inestimabile valore, opera dei più insigni artisti d’Europa; altri di forme strane, sopraccarichi di ornamenti, con creste, visiere e cimieri colossali; poi elmetti e corazzine di principini; spade e scudi donate da papi e da monarchi. In mezzo alle armature equestri, si vedono statue vestite di fantastiche assise di Americani, di Affricani, di Chinesi, ornate di penne e di sonagli, con archi e turcassi; spaventose maschere guerresche; abiti di mandarini intessuti d’oro e di seta. Lungo le pareti altre armature; quella del marchese di Pescara, quella del poeta Garcilaso della Vega, quella del marchese di Santa Cruz, quella gigantesca di Giovan Federico il Magnanimo, duca di Sassonia; e fra l’una e l’altra bandiere arabe, persiane, moresche, cadenti a brani. Nelle vetrine una serie di spade che a sentirvi dire il nome di coloro che le portarono, vi si rimescola il sangue: la spada del principe di Condé, la spada d’Isabella la Cattolica, la spada di Filippo II, la spada di Ferdinando Cortes,