prezzo che gli alberghi, coll'inestimabile vantaggio che ci si respira un'aria di casa, ci si stringono amicizie, e vi si è trattati piuttosto come gente della famiglia che come dozzinanti. La padrona di casa era una buona signora sulla cinquantina, vedova d'un pittore che aveva studiato a Roma, a Firenze e a Napoli, ed aveva serbato per tutta la vita una ricordanza grata e affettuosa d'Italia. Anch'essa, naturalmente, nutriva per il nostro paese una vivissima simpatia, e me lo dimostrò coll'assistere ogni giorno al mio desinare, raccontandomi vita, morte e miracoli di tutti i suoi parenti e di tutti i suoi amici, come se fossi stato il solo confidente ch'ella avesse in Madrid. Pochi spagnuoli intesi parlare così spedito, così franco, e con tanta abbondanza di frasi, di motti, di paragoni, di proverbi, di parole. Sui primi giorni ne fui sconcertato; capivo poco; dovevo pregarla ogni momento di ripetere; non riuscivo a farmi intendere sempre; m'accorsi in una parola, che studiando la lingua sui libri, avevo sciupato di molto tempo a inzepparmi la testa di frasi e di vocaboli che non occorrono quasi mai nella conversazione ordinaria; mentre ne avevo lasciati da parte altri moltissimi, che sono indispensabili. Dovetti dunque ricominciare a raccogliere, a notare, e sopratutto a star sempre coll'orecchio teso per tirar profitto, quanto potevo, dai discorsi della gente. E mi persuasi di questa verità: che si può stare dieci anni, trenta, quaranta in una città straniera; ma che se non si fa uno sforzo da principio, se per molto