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valladolid. | 117 |
dabile ch'io vidi, fra i moltissimi cattivi, benchè anch'esso d'un realismo spietatamente spagnuolo, rappresentava la Circoncisione di Gesù, con tutti i particolari più minuti delle cose taglienti e delle cose tagliate, e una corona di spettatori chinati ed immobili, come studenti di clinica chirurgica intorno al maestro operatore: "Vámonos, vámonos" dissi alla cortese portinaia, "se sto qui un'altra mezz'ora, n'esco bruciato, o scorticato o squartato; non ha da farmi veder nulla di più allegro?" Mi condusse a veder l'Ascensione del Rubens, gran quadro di grande effetto, che starebbe bene sur un altar maggiore: una Vergine maestosa e sfolgorante che sale al cielo, e ai lati, e sopra, e sotto, un visibilio di volti d'angelo, di corone di fiori, di chiome d'oro, d'ali bianche, di svolazzetti, di raggi; e tutto tremola, fende l'aere e va su, come uno stormo di passere, onde pare che da un momento all'altro debba sollevarsi e sparire.
Ma era fissato ch'io non dovessi uscire dal Museo con una gradevole immagine davanti agli occhi. La portinaia aperse una porta e mi disse ridendo: — Entri. — Entrai e detti indietro intimorito: mi parve d'esser capitato in un manicomio di giganti. La vasta sala era piena di colossali statue di legno colorito, rappresentanti tutti gli attori e tutte le comparse del gran dramma della Passione, soldati, aguzzini, spettatori, ciascuno nell'atteggiamento richiesto dal suo ufficio, chi in atto di flagellare, chi di legare, chi di ferire, chi di schernire, — orrendi volti orrendamente