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valladolid. 111


mi prese tutt'a un tratto un senso di freddo acuto e non so che fanciullesco timore; volsi le spalle alla tomba ed uscii.

Uscendo, incontrai un prete e gli domandai dov'era la casa che aveva abitato il Cervantes. Mi rispose ch'era nella strada Cervantes e m'indicò da qual parte dovevo passare; lo ringraziai, mi domandò s'ero straniero, risposi di sì; "de Italia?" — "de Italia." Mi diede un'occhiata da capo a piedi, si levò il cappello e tirò via per la sua strada. Mi mossi anch'io, in senso opposto, e mi venne un'idea: — Scommetto che s'è fermato per vedere com'è fatto un carceriere del Papa; — mi voltai, ed egli era proprio là immobile in mezzo alla piazza, che mi guardava con tanto d'occhi. Non potei trattenermi dal ridere e scusai il riso con un saluto: "Beso a usted la mano!" ed egli a me: "Buenos dias!" e tirò via; ma deve aver soggiunto, non senza meraviglia, che, per essere un Italiano, non avevo poi tanto la faccia di farabutto. Attraversai due o tre strade strette e silenziose, e riuscii nella strada Cervantes, lunga, diritta, fangosa, fiancheggiata da case meschine. Andai per un pezzo non incontrando che qualche soldato, qualche criada, e qualche mulo, e guardando qua e là pei muri in cerca dell'iscrizione: — A qui vivió Cervantes ec.; — ma non trovai nulla. Giunto in fondo, mi trovai nell'aperta campagna; non c'era anima viva; stetti un po' là a guardare intorno, poi tornai. M'imbattei in un mulattiere, e gli domandai: "Donde está la casa que vivió Cervantes?" Per