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106 | valladolid. |
prietà mirabile di forma e di pronunzia, io mi misi a bighellonare fra le ceste d'insalata e i mucchi degli aranci, per cogliere a volo i motti e i suoni della bellissima lingua. Mi ricordo, tra gli altri, d'un curioso proverbio detto da una donna stizzita a un giovinastro che facea lo smargiasso: "Sabe Usted," gli disse piantandosegli davanti, "lo que es que destruye al hombre?" Mi fermai e tesi l'orecchio: "Tres muchos y tres pocos: Mucho hablar y poco saber, Mucho gastar y poco tener, Mucho presumir y nada valer."1
E mi parve di sentire una gran differenza tra le voci di quella gente e le voci dei Catalani: qui più limpide e più argentine, ed anco il gestire più gaio, e l'espressione dei volti più vivace; benchè nulla ancora di particolare nelle fisonomie e nei colori; e il vestire punto differente da quello delle nostre plebi del nord. E appunto nella piazza di Valladolid m'accorsi per la prima volta che dacchè ero entrato in Spagna non avevo ancora visto una pipa! Gli operai, i contadini, i poveri, tutti fumano il cigarrito; e c'è da ridere a veder certi omoni tarchiati e baffuti andar attorno con quel cosino microscopico in bocca, mezzo nascosto dai peli; e fumarlo diligentissimamente fino all'ultimo filo di tabacco, fino a non aver più che una scintilla moribonda sul labbro di sotto; e questa ancora tenerla lì, come una goccia
- ↑ Tre molto e tre poco distruggon l'uomo: molto parlare e poco sapere, molto spendere e poco avere, molto presumere e nulla valere.