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uno sguardo all'esposizione. 91


a gustare il liquor di fichi nel padiglione del Marocco, rallegrato dagli strimpellamenti di tre suonatori, uno dei quali pesa centonovanta chilogrammi a stomaco vuoto; o mettervi fra le labbra un sigaro di nuovo genere che invece d’un nuvoletto di fumo vi caccia in bocca un bicchierino di cognac. Ne avete abbastanza? Ma voi volete fumare. Ebbene, ci sono i sigari avvelenati della Repubblica d’Andorre, e la magnifica esposizione dei sigari di Cuba, d’ogni grandezza e di ogni forma, dorati, stemmati, odorosi, — veri lavoretti d’arte — profusi a miriadi, — davanti ai quali il fumatore italiano estenuato dai patimenti passa «sospirando e fremendo.» Tutta questa doppia galleria dei prodotti alimentari è ammirabile per varietà e per ricchezza. È un architettura interminabile di bottiglie che s’alzano in torri, in scale a chiocciola, in gradinate multicolori e scintillanti; una moltitudine di tempietti splendidi d’oro e di cristalli, che potrebbero coprire delle statue di numi, e coprono dei porci