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192 ricordi di parigi.


suoi famigliari. Nessuno l’interrogava senza dire: Mon maîtreMon cher maître. — Uno disse: — grand maître. — Non vidi mai uno scrittore celebre circondato da uno stuolo d’ammiratori, che somigliasse, come quello, al corteo d’un monarca. È mio dovere d’aggiungere, però, che non vidi mai sul suo viso nemmeno un lampo, che esprimesse compiacenza vanitosa dell’ammirazione che lo circondava. È vero, d’altra parte, che c’è abituato da cinquantanni.

Un grande lume rischiarava in pieno il suo viso, e io non potevo saziarmi di guardarlo, tanto mi pareva singolare.

Il viso di Victor Hugo, infatti, per me, è ancora un problema. È un viso che ha due fisonomie. Quando è serio, è serissimo, quasi cupo; pare un viso che non abbia mai riso, non solo, ma che non possa ridere; e i suoi occhi guardano la gente con un’espressione che mette inquietudine. Gli si direbbe: — Hugo, fatemi la grazia di guardare da un’altra parte. — Sono gli