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188 ricordi di parigi.


sparsa per la sala formava un quadro assai curioso. Il primo che mi diede nell’occhio, per la macchia stranissima che formava in quel quadro, — come certe parole bizzarre in una bella pagina dell’Hugo, — fu un mulatto di forme colossali, in giubba e cravatta bianca, che sfogliava un album. E gli domando scusa, ma voglio dir la verità, ed è che al primo vederlo pensai a quell’ Homére-Hogu, nègre, che fa uno spicco così pittoresco nell’elenco nominativo della banda di Patron-Minette, noi Miserabili. Mi fu detto poi ch’era un collaboratore della Petite Presse, pieno d’ingegno, e molto stimato. In un angolo c’era un gruppo di giovani che discorrevano fitto, ridendo elegantemente: belle fronti, occhi vivi, capigliature poetiche, atteggiamenti d’attori corretti; da cui argomentai che fossero dei così detti Parnassiens, poeti dell’arte per l’arte, o meglio del verso pel verso, che hanno per capo il De Lisle, e formano un drappello di paggi nella corte di Vittor Hugo. Mi fu poi indicato, infatti, in mezzo