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166 ricordi di parigi.


-losso; egli non è atto che a dare i grandi colpi di mazza che sfracellano il casco e la testa. E poi oramai si ritiene quasi al di sopra della letteratura. Si riguarda quasi come un sacerdote di tutte le genti, sopravvissuto, per decreto della Provvidenza, a mille prove e a mille sventure, per vegliare sull’umanità. Questo apparisce lucidamente dalle sue apostrofi ai popoli, dalle sue intimazioni ai monarchi, dal tono di profezia che dà ai suoi presentimenti, dalla forma di responso che dà alle sue sentenze, dal carattere di minaccia che dà ai suoi rimproveri, da tutto il suo linguaggio spezzato in affermazioni altiere e in giudizii assoluti, come se ogni sua proposizione fosse un decreto, da incidersi sul bronzo o nel marmo per le generazioni avvenire. Tutte queste cose, o sapute prima o intese dire, fanno lungamente esitar lo straniero che vuol andare a battere alla sua porta. Certo che, dopo la prima esitanza, si fanno delle riflessioni incoraggianti. Si pensa, per esempio, che il sentimento che ci trat-