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uno sguardo all'esposizione. 119


e come portata in trionfo, e poi rinascondersi, ricacciata giù sdegnosamente a subire le ultime violenze.... Qui lavorano delle braccia di gigante, là delle dita di fata. In una parte il lavoro si presenta sotto l’aspetto d’una distruzione furiosa, fra denti enomi di ferro e artigli d’acciaio, che stritolano e sbranano con un fracasso d’inferno, in cui si sente un suono confuso di lamenti umani; in mezzo a un roteggio intricato, vertiginoso, feroce, che sbricciolerebbe un titano come un gingillo di vetro. In un’altra parte il mostro mansueto accarezza la materia prigioniera, la palleggia, la lambisce, la liscia, delicatamente, lentamente, in silenzio, come se facesse per gioco. Altre macchine colossali, come quelle da maglie, fanno movimenti strani e misteriosi, d’apparenza quasi umana, con una certa grazia languida d’ondulazioni femminee; che ispirano un senso inesplicabile di ripugnanza, come se fossero esseri viventi dei quali non si riuscisse ad afferrare la forma. Fra le grandi membra di tutti questi