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alla francia. 85

qualcosa da cui sia lecito trarre in qualche modo codesto diritto; ma perchè sono Francesi. Che la blague sia fondata o no su qualche cosa di vero e di sodo non si cerca; quel che preme si è che la modestia sia rispettata; noi siamo i paladini della modestia. Ma badiamo di non ingannarci. Badino i più furenti a non iscambiare il legittimo e fiero orgoglio nazionale a cui la blague d’ogni straniero riesce molesta ingiuriosa, col dispettìno e la stizzuccia che desta nelle anime piccole una superiorità incontrastata. Sentimenti molto diversi che vestono non di rado una forma.

La blague è il belletto della forza e della gloria, sempre e per tutto.

Io vorrei mettere l’Italia in luogo della Francia e che ogni Francese pigliasse un Italiano e gli dicesse, come a loro si dice, se non colle parole, col fatto: «Tu sei un uomo di spirito: io faccio tesoro di tutti i tuoi bons mots, e quando voglio dire un’arguzia la rubo a te o calco la mia sul disegno della tua. Le più belle commedie sono le tue, i più bei romanzi sono i tuoi, le vetrine dei miei librai sono tutte piene dei tuoi libri; io sono vestito da capo a piedi dei panni che mi fai tu, e mia moglie e mia figlia si vestono come piace a te; tu se’ il legislatore del buon gusto, della moda, d’ogni cosa; quando la tua città capitale starnuta, come dice Vittor Hugo, la mia le fa eco; quando dà in una risata, la mia, per entrarle in grazia, fa le viste di crepar dalle risa; i miei ministri fanno tutto quel che ti frulla pel capo; i tuoi soldati sono i primi soldati del mondo; tutte le tue cose sono belle e grandi: noi ti rubiamo tutto: lo stile, le insegne delle botteghe, i giornali, l’accento, la lingua, i balli, i proverbi, i giuochi e le lorettes

Vorrei vedere la faccia di un Italiano a cui si tenesse questo discorso.

Ma noi Italiani, prima del 1866, non credevamo