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alla francia. 79

per precipitare la fortuna d’un uomo; basta per strappargli dal capo incanutito nelle armi la corona di alloro e buttargliela ai piedi; basta per togliergli la fiducia dell’esercito, a cui consacrò il suo sangue, i più begli anni della sua giovinezza, ogni sua più bella speranza; basta a contristargli per sempre la vita, che egli sperava di chiudere in una quiete serena, bella di mille splendidi ricordi, cinto d’affetti, coronato di gloria.

È una sentenza che spaventa.

Noi siamo più calmi e più giusti; in noi l’ira cittadina tace, e il dolore, a cui l’ingiustizia delle precipitate condanne si perdona, è men vivo; sia però generosa e prudente la nostra parola. Per noi Italiani, il nome del Mac-Mahon è nome d’amico: nome di antico fratello d’armi, nome che ci ricorda i più bei giorni e i più cari entusiasmi della nostra rivoluzione; nome che ispira affetto e chiede gratitudine; non lo dimentichiamo. Si può, in Italia, portar diverso giudizio del governo napoleonico, e nutrir quindi per esso un sentimento diverso; ma pei generali, pei soldati, per tutti coloro che hanno combattuto per noi, accanto a noi, sulla nostra terra, non è possibile che un sentimento solo; e l’averlo è dovere, e l’esprimerlo è atto gentile. Per noi il Mac-Mahon era venerabile e caro quanto il più vecchio e il più prode dei nostri soldati; paghiamogli dunque oggi il debito di gratitudine che a lui ci lega, paghiamoglielo rispettandolo e difendendolo dalle ire ignobili e dalle persecuzioni crudeli. Chi ha mente e cuore per comprendere le grandi sventure e per misurare i grandi dolori manderà da lungi un saluto riverente e affettuoso al vinto di Wörth, dicendogli dal più profondo dell’anima: — Maresciallo! gl’Italiani non sono ingrati; per noi, voi siete sempre il vincitore di Magenta. Noi non dimenticheremo mai che la corona del Re d’Italia brilla del riverbero della vostra spada.