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alla francia. 73

tite ai pochi che le lessero. D’altra parte, in quel ribollimento generale degli animi, non era facile, in ispecie a un giovane, di serbare la giusta misura; onde sarò scusato.

Mi prese poi un dubbio: che potesse venir giorno in cui queste pagine discordassero dolorosamente da un sentimento vivo, giusto e comune degl’Italiani, e mio. E di nuovo deliberai di correggere; ma mi vergognai di me stesso anche questa volta, pensando che l’aver espresso un sentimento di gratitudine e desiderato propizia la fortuna a un amico che ci abbia fatto un benefizio, è e rimane un atto nobilissimo sempre, anche quando codest’amico si volga contro di voi; e che, quanto più la sua nemicizia è ingiusta, tanto più il ricordo d’aver compiuto quell’atto ci è grato, perchè possiamo dire al nostro nemico: Tu ci offendi ed hai torto; noi ti abbiamo amato e onorato.

Infine, secondo il mio modo di sentire, con queste pagine ho pagato un debito.

Chi non crede che questo debito s’abbia mai avuto, le ometta; chi crede il contrario, non proverà, leggendole, altro rincrescimento che quello d’aver avuto un interprete forse troppo ardente e certo non abbastanza felice.