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di solferino e san martino. 69

sione armonica di colori e di splendori che colpiva e rapiva.

Alle tre i Principi entrarono sotto il padiglione, la folla si accalcò intorno allo steccato, e le bande della guardia nazionale di Milano e del 12º reggimento di fanteria cominciarono a suonare alternativamente le marce più popolari dei tre eserciti. Furon poi recate a migliaia di esemplari poesie, discorsi, epigrafi, racconti di episodii della battaglia, d’autori d’ogni provincia d’Italia; i duecento convitati si divisero in molti gruppi e cominciò e si protrasse fino alle cinque una conversazione animatissima.

Però mancava qualcuno in quella bella adunanza! Molti lo pensarono e lo dissero. Chi avesse invitato a quella festa almeno un ufficiale e un soldato per ciascuno dei vecchi reggimenti che furono alla battaglia di San Martino! Chi avesse invitato dieci o venti delle tante famiglie che perdettero su quei colli qualcuno dei loro cari; famiglie di povera gente, coi ragazzi e coi vecchi, che vedessero gli onori che si rendevano ai loro morti, e parlassero al Principe, e sedessero a tavola in mezzo ai generali; quei poveri vecchi che han dato alla patria qualcosa più che il proprio sangue, le proprie creature, il sostegno e la consolazione dei loro ultimi anni! E si fosse fatto venire anche un drappello di soldati francesi, una decina, cinque, uno, uno zuavo, che avremmo fatto a strapparcelo; e soldati tedeschi, un croato, da potergli stringere fraternamente la mano e fargli capire che siamo amici, che vogliamo restar amici sempre, e quelle tante altre cose che ci sarebbero venute sulle labbra in que’ momenti; quanto sarebbe riuscita più bella, più commovente, più solenne la festa!

Poco prima di sedere a mensa, il prefetto di Mantova lesse l’atto d’inaugurazione degli Ossari, che il principe Umberto firmò e dopo lui tutti gli altri.

Alle cinque, tutti presero posto alle mense, le quali