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una distribuzione di premi. 21

Si distribuirono poi i premi agli alunni delle scuole elementari maschili, e allora vennero innanzi i bambini, e fu la scena più commovente e più bella. — Ma come! — si diceva all’apparire dei più piccoli; — quella creatura lì ha ottenuto il premio? Ma se pare che incominci ora a camminare! Ora gli danno il diploma; sarà buona a tenerlo in mano? Badate che non caschi, povero angelo.

A questo seguì la Preghiera del Mosè, cantata dalle ragazze e dai ragazzi insieme, con un accordo e uno slancio mirabile. Subito dopo, la distribuzione dei premi alle alunne delle scuole elementari femminili, e da ultimo la musica.

Così ebbe fine lo spettacolo.

Cominciando dal sindaco fino all’ultimo maestro delle scuole elementari, ci sarebbe, in diverso grado, da lodar tutti, anche i ragazzi che hanno legato i mazzi di fiori, e le donne del popolo che hanno pettinato i bimbi, poichè tutti hanno giovato, per la parte loro, alla splendida e solenne riuscita della funzione; altri lo farà; io ho già detto anche troppo, e non aggiungerò che poche parole.

Codesto spettacolo insegna ed ispira. Dinanzi ad esso, ciascuno di quei mille figliuoli d’operai ha potuto dire a sè medesimo: — Sì, — io piccino, io povero, io che campo di pan nero e vo vestito di cenci, io sconosciuto al mondo, e oggetto di compassione per i pochi che mi conoscono, io se voglio, se studio, se fatico, posso costringere un giorno diecimila persone, tutta questa gente, il fiore dei cittadini della mia città, a star zitti, come fanno adesso, per sentire il mio nome, a sporgere il capo per vedermi, a mormorare: — Eccolo là; — a dire ai loro fanciulli vestiti di velluto: — Fate come lui. — Posso far andare in quel banco mio padre e mia madre, a guardarmi, quando il sindaco mi chiama, e io vado innanzi solo, e tutti fissano gli occhi in loro, e vorrebbero provare la loro contentezza