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20 | una distribuzione di premi. |
di veder balenare un pensiero sulle fronti bianche di quelle future madri di operai, di soldati, di pensatori, d’artisti. O certo è almeno che quel nome, pronunziato da loro, ci suonava più caro all’orecchio; da quelle bocche innocenti pareva che uscisse purificato e benedetto, pareva che proferendolo, facessero del bene all’Italia; veniva fatto di gridare: — Ditelo ancora.
Dopo il canto, furono distribuiti i premi agli alunni delle scuole serali e alle alunne delle scuole delle adulte.
Qui venne la volta del canto dei fanciulli.
Si fece un silenzio improvviso; pareva d’essere in teatro, in uno istante di raccoglimento profondo.
Si sentì la musica.
Tutt’a un tratto, mille voci assieme echeggiarono nel vasto recinto. Era un inno all’Italia, allo studio, alla virtù; una musica semplice e ispirata. Un coro d’artisti non avrebbe toccato il cuore più addentro. Non si può dire quello ch’era di gentile, di fresco, di vivo la piena delle voci sprigionate con rozzo e virgineo vigore da quei petti infantili. Cresceva man mano l’accordo e la forza del canto, cresceva l’ardore dei fanciulli, eccitati dall’eco della propria voce; pareva infine che ciascuno ci mettesse qualcosa di suo, che sfogasse un affetto proprio, che volesse dire non so che ai suoi compagni o alla gente; si sentivano mille suoni in quel canto; pareva a istanti una preghiera, un canto patrio, un inno di guerra, era fiero e soave ad un tempo; e poi tutti quei visi rivolti al cielo, tutti quegli occhi radianti, quei mille petti che parevano animati da un soffio solo..... commoveva. Che lunghe e pazienti cure di maestri erano a un punto significate e ricompensate in quel canto! Eppure pareva tanto spontaneo! Tutti questi sensi e pensieri si confondevano nell’anima degli spettatori in un palpito d’ammirazione affettuosa.