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una distribuzione di premi. 19

render capaci di accrescer più tardi, colla virtù e col lavoro della mente e delle braccia, le fonti della privata e della pubblica prosperità.»


Terminato il discorso, che fu accolto con vivi applausi, furon distribuiti i premi agli alunni dell’istituto Ximeniano, del liceo dell’istituto fiorentino, dei ginnasi e delle scuole tecniche. Gli alunni furon chiamati uno per uno al cospetto del sindaco, che porgeva loro la medaglia, accompagnandola con qualche parola di lode. Venivano innanzi con passi tremanti, alcuni col volto un po’ pallido, altri suffusi di rossore, ma tutti cogli occhi scintillanti e colle labbra convulse; si capiva che quei cuori dovevano fare un gran battere, che avevano bisogno di trovarsi soli, con pochi, a casa, e là sciogliere il freno alla gioia soffocata. Quanti sudori, quanti piccoli sacrifizi di sollazzi fanciulleschi, quante veglie faticose ritornavano alla mente loro in quel punto, e come care a ricordarsi, e con che profonda esultanza benedette! Su certi visi splendeva l’orgoglio della vittoria; sotto certe sopracciglia aggrottate, lampeggiavano degli occhi superbi: — erano figure nobili e belle.

Dopo questa prima distribuzione di premi, dovevano cantare le alunne.

Si fece un silenzio generale.

Le voci furono sulle prime sommesse ed incerte; ci si sentiva la trepidazione; ma a poco a poco si spiegarono in un alto canto sonoro, tremolo, derivato dall’anima. Pareva una preghiera alla quale lassù non si dovesse poter resistere, qualunque cosa chiedesse. In quei versi era invocata l’Italia; veniva naturale il desiderio di sorprendere sulle labbra di quelle bambine questo nome, di cogliere, mentre lo proferivano, l’espressione del loro viso e il lume dei loro occhi. Sarà stata illusione, si sarà preso per cosa reale un desiderio nostro vivissimo.... ma ci pareva