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16 una distribuzione di premi


sulla loggia, per tutto c’era gente. Sotto il padiglione un gruppo di personaggi illustri, che nessuno, davanti a quello stupendo spettacolo di bambini, aveva tempo di guardare. I premiandi, seduti a sinistra del padiglione, si conoscevano dal viso; dal viso pure i parenti, ch’erano dal lato opposto. E fra gli uni e gli altri era un cercarsi cogli occhi, un accennarsi, un sorridere, e ad ogni ordine od atto del sindaco, o di chi altri, che annunziasse l’avvicinarsi dell’ora fissata, uno scambio più vivo di sguardi, come per farsi coraggio a vicenda, e dirsi l’un l’altro: — Ci siamo! — Beati istanti, davvero; e commovente la vista di quei parenti, gente d’ogni ceto, ricchi e poveri, affratellati in un sentimento di letizia comune.

Uno scoppio fragoroso d’applausi annunziò che la funzione stava per cominciare: erano migliaia di bambini che salutavano il sindaco, mentre passava a veder se ogni cosa era in pronto.

La banda della guardia nazionale suonò una sinfonia.

Finita la sinfonia, tutti tacquero, e il sindaco Peruzzi, salito sul palco del padiglione, pronunciò ad alta voce il seguente

DISCORSO.

«Nel contemplare, o signori, lo spettacolo di questo vasto recinto, ove attorno a migliaia di giovanetti stanno migliaia di cittadini, niuno vi ha che non senta come sia veramente popolare questa festa dell’adolescenza e della fanciullezza. Nè ciò farà meraviglia a chi voglia considerare come in tutti i tempi sieno state popolari le feste meglio rispondenti ai bisogni, agli affetti, ai desiderii dei popoli. I popoli, pei quali era condizione di esistenza vincere gli altri in forza ed in destrezza, traevano affollati e festanti ad incoronare i vincitori nelle lotte e nei giuochi dell’ippodromo e del circo.