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una distribuzione di premi | 15 |
succedevano, si accalcavano; qualche volta si trovavano ristrette in così piccolo spazio tutte codeste varietà, che con un abbraccio si sarebbe levato su un fascio di figli di marchesi, di bottegai e di braccianti, intrecciati come una manata di ciliegie. Ma in tutti, anche nei più poveri, appariva la traccia della mano materna; panni spelati dalla spazzola, nodi di cravattine fatti con garbo, capelli irsuti domati da un pettine pertinace.
Alle undici si cominciò ad abbracciare collo sguardo l’assieme dello spettacolo.
Era un colpo d’occhio incantevole. In mezzo tutti i ragazzi, — migliaia, — stretti, pigiati che pareva si toccassero colle teste, una gran folla di color oscuro. E tutt’intorno una corona sterminata di bimbe, vestite di chiaro, così che appariva netto il distacco fra loro e i fanciulli, fino ai punti più lontani, come fra un giro di pensieri e un giro di rose in un mazzo. Si vedevano, da un lato all’altro del cortile, in fondo in fondo, tutti quei vestitini bianchi, azzurri, gialli, rossi, e su quella striscia variopinta, un gran sventolío di nastri, di veli, di ventagli, un gran movimento di manine e di braccini, luccichío di vezzi, e tremolío di capigliature ricciute: pareva una siepe tutta fiorita quando il vento la scote. Il profumo sparso nell’aria pareva che venisse da loro, non dai fiori. E ci volle un pezzo prima che fossero tutte al posto. Fu un lungo tramestío, un saltellare di panca in panca, un va e vieni di maestre, un rimproverare a bassa voce, un obbedire ridendo e nascondendosi il viso. E intorno al palco della musica un grande affaccendarsi per disporre le cantatrici, un chiamare e uno spingere di qua e di là. — Qua i contralti! — Avanti i contralti! — Di qua i soprani! — Di là gli a solo! — E tutte rispondere e farsi strada a fatica, ansanti, coi visi accesi, cinguettando come uno stormo di uccelli. Quanta vita e quanta gioia!
Non parlo del pubblico; nel cortile, sotto il portico,