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14 una distribuzione di premi


ad accompagnare il canto delle bambine; il restante spazio, coperto di lunghe panche, poste in modo che tutti rimanessero volti verso il padiglione dove il sindaco doveva chiamare gli alunni e dare i premi. Trenta antenne tenevan su la gran tenda che copriva il cortile, e dalla tenda e dalle antenne spenzolavano stendardi, orifiamme e ghirlande. Ogni cosa disposta e accomodata con una grazia semplice, propria dello spettacolo e degli attori; colori vivi e fragranze, piacere dei bambini; un luogo allegro e gentile.

Già prima d’entrare, s’ebbe uno spettacolo che predispose l’animo a quello più grandioso che si doveva veder poi. In via della Scala e per la strada che gira attorno alla stazione della strada ferrata, chi si fosse affacciato ai cancelli dei vari giardini attigui al chiostro, avrebbe visto qua e là, all’ombra degli alberi, folti e compatti, drappelli di bambine e di bambini immobili e silenziosi come battaglioni serrati in atto di aspettare il combattimento. Alle dieci e mezzo cominciarono a disporsi in due file, e a muovere dalle varie parti verso il cortile. Tutto era stato concertato a dovere, tutto riuscì appuntino.

Il bello fu vederli entrare. Dalle tre o quattro porte per cui comparvero, pareva come si fossero rotte le dighe di un torrente. Cominciarono a sfilare e non finivano più. Scuole elementari, scuole tecniche, licei, ginnasii, istituti privati; dopo due lunghe file di giovanetti impetuosi, spuntavano e venivano oltre adagio adagio, tenendosi per mano, e guardando attorno con certi visetti meravigliati, e mandando fuori un lungo oh, centinaia di creaturine che pareva stentassero a reggersi in piedi, e che bisognava tener pel braccio nell’atto che scendevano lo scalino del portico. Dopo questi, altri più grandi; dopo i grandi, le ragazze; dopo le ragazze, di nuovo quei cosini piccini, e via così. Poveri e signori, giacchettine eleganti e panni rappezzati, stivaletti lucidi e scarpuccie di vitello si