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222 | il circolo filologico di torino. |
bimestrale intorno all’andamento della sua scuola. Ogni socio può fare qualunque proposta gli paia opportuna, scrivendola sopra un registro che è nella sala di lettura, e la direzione è tenuta a rispondergli nello spazio di tre giorni. È permessa una rivendita di bibite e di gelati accanto alla sala di conversazione per rinfrescare un po’ le labbra novizie alla pronuncia faticosa delle dure frasi tedesche. Ah! lo dimenticavo: è proibito severamente a qualunque allievo di passare per la via dei Mercanti e di alzare gli occhi alle finestre mentre sono in iscuola le ragazze.....
Oh peccato! Io non avrei mica la pretensione d’andarmi a cacciare fra le scolare e il professore; io rinuncierei anche a guardare per il buco della serratura i bei visi, e le ricche capigliature, e le file dei piedini che spuntano sotto i banchi; prometterei anche di non aspirare, come dice il Musset, il profumo dei vestiti delle signore, che egli afferma che si sente, e che è un profumo misterioso: no. Io confesso il mio debole, volerei alla porta della scuola di spagnuolo, starei coll’orecchio allo spiraglio, vorrei afferrare qualcuna almeno di quelle parole larghe, maestose e sonore, in cui pare che l’anima di chi parla si espanda e si riposi, con una sorta di compiacenza altera; qualcuna di quelle altre gentili e carezzevoli, che ci ricordano tanto le nostre, che ci toccano dentro subito come le nostre, che rispondono quasi a un suono che avevamo già nella mente prima d’intenderle, che ci paiono veramente parole della nostra cara lingua dimenticate, voci nostre ripetute da un’eco che ce le alteri, saluti di gente amica che per lunga dimora in paesi stranieri abbia frammisto ad altri gli accenti di un linguaggio che c’era comune..... bizzarrie. Almeno il verbo querer vorrei sentire, farlo ripetere, l’indicativo presente, prima persona, col te, più piano, così.... Ma non si potrà, e pazienza! Ci basterà il pensare la sera che lungo il giorno, in quelle scuole risonanti delle nostre