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certe lettere. 213

auguro una lunga vita, non per il piacere di vedervi vivo, ma perchè hanno da tornare per voi e pei vostri pari i tempi della ghigliottina, e mi preme che arriviate in tempo a vederli.”

Il giovane diede un balzo sulla seggiola e guardò lui col viso dipinto di stupore, di dolore e di sdegno.

“E un’altra ancora;” riprese a dire lo scrittore col suo consueto sorriso e con una voce che si faceva più benevola e più allegra a misura che s’inaspriva il senso del linguaggio ch’ei riferiva; “una lettera d’un uomo che occupava una carica abbastanza importante (e la disse) mi mandò un suo manoscritto chiedendo consiglio. Era un lungo manoscritto, e non ebbi il tempo di leggerlo subito. Egli me lo ridomandò poco tempo dopo con una lettera asciutta, ed io glielo restituii. Allora mi scrisse una terza lettera in questi termini.” Stette un minuto pensando, e riprese: “Signore! Se voi non volevate leggere il mio lavoro dovevate scrivermi che non potevate; ma non cavarvela col modo villano di non rispondere. Conosco altri letterati in *** i quali, senz’essere poeti e romanzieri, non sono da meno di voi, e m’hanno risposto. Si dice che voi avete l’uso di non rispondere perchè vi spiace che altri possegga i vostri autografi. Ebbene, non abbiate timore per questo: io vi assicuro che se mi scriverete, farò del vostro scritto un siffatto uso che tolga a chiunque lo abbia poi nelle mani, la volontà di conservarlo. Finisco raccomandandovi due autori di cui avete molto bisogno: Monsignor Della Casa e Melchiorre Gioia.”

Parrà incredibile, ma è vero! Queste lettere furono scritte, con queste parole, a quell’uomo, da persone che coltivavano le lettere, e che forse, nei loro libri e nei loro discorsi, allora e poi, si facevano un merito di lodarlo, di onorarlo, di levarlo a cielo, per carpire almeno quel cencino di gloria che si concede facilmente a chi celebra i grandi che ammiriamo ed amiamo, comunque li celebri, almeno in ricompensa del buon