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208 certe lettere.

Ma ho da scriverlo quest’esempio?

Sono in dubbio, porche da un lato mi trattiene il timore di peccare d’indelicatezza pubblicando cose dette da quell’uomo in un colloquio privato; tanto più che so che gli spiace, e che dall’indiscrezione di altri ebbe già in parecchie occasioni dei sopraccapi. E dall’altro lato, la certezza di giovare con quell’esempio a qualcuno, specialmente ai giovani che scrivono con grande ardore e si scoraggiano con grande facilità, mi stimola a propalarlo.... E farò così: non dirò il nome della persona, per riparare in parte all’indiscrezione.

Il giovane della lettera, dunque, ebbe la fortuna di parlare con quell’uomo uno degli ultimi giorni dell’anno 1867. Non lo vedeva allora per la prima volta; ma entrò nullameno in casa sua con viva trepidazione, come segue a tutti, vecchi o giovani, illustri od oscuri, che si presentino a lui. Nel momento in cui egli entrò, il grande scrittore s’accostava al camminetto con due pezzi di legna in mano; il giovane salutandolo rispettosamente, glieli tolse di mano e si chinò per metterli sul fuoco. Ma siccome il metter bene due pezzi di legna sul fuoco, quando ce n’è già un mucchio che minaccia di scomporsi e di spandersi, non è un’impresa facile, specialmente per chi sia un po’ confuso dalla presenza d’un uomo illustre, e tanto più se debba far quel lavoro sotto i suoi occhi, così il povero giovane gingillò un pezzo colle mani, provò e riprovò, si scottò le dita, s’insudiciò di cenere, e finì col lasciar cadere i due pezzi di legna a caso, in modo che tutti gli altri si ruppero sotto il colpo, ne uscì un nuvolo di scintille, la brace si sparpagliò sul pavimento e il fuoco si spense. Egli si rialzò col viso rosso come una ciliegia, facendo un atto che voleva dire: — Perdoni! — e un altro che significava: — Sono un tanghero! — e Dio sa se in quel punto non si sarebbe andato a rimpiattare per la vergogna! Ma il venerando vecchio fece un sorriso così allegro, così benevolo, in