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8 un addio a firenze


e le sue speranze deluse, Firenze gli diceva: — Migliaia di giovani, e quanto migliori di te! io vidi, fra le mie mura, lasciar cadere la mano disperata sopra un foglio bagnato di lagrime o sopra un marmo spezzato; dolori che straziano il cuore, e gettano anzi tempo nella tomba, io conobbi e nascosi; ed erano anime grandi. E tu, miserabile, che pretendi, e chi accusi? — E allora egli si ravvedeva e taceva, e da quella confusione salutare traeva nuova forza e nuovo coraggio per combattere, perseverare e soffrire.

A questo punto, preso da un’ispirazione diversa, il nostro amico si voltò improvvisamente alla campagna ed esclamò in atto drammatico, non senza un leggiero accento di tristezza: — Addio, dunque, bel colle di Settignano! addio Pratolino! addio Sesto! addio vallette verdi, chiesuole solitarie e casuccie quete, che ci avete fatto dire tante volte: — Beata la pace! — Stanchi d’una baldoria carnevalesca, annoiati degli altri e di noi, tristi, umiliati, noi ci siamo levati molte volte innanzi l’alba, e slanciati con desiderio smanioso alla campagna, come l’assetato alla fonte; e correndo di colle in colle, di valle in valle, e bevendo a lunghi sorsi deliziosi l’aura pregna di vita, abbiamo sentito sparire tristezze e rimorsi, e rinascere, coll’appetito vigoroso e la gaiezza campagnuola, la forza e l’ardor del lavoro! Addio contadini cortesi, vecchierelle allegre e ragazzotte col damo negli occhi, che sedeste tante volte a tavola con noi, come vecchi amici; buona gente cordiale, che spalancavate gli occhi meravigliati, vedendoci cavar di tasca il portafoglio per notare le ingenue grazie del vostro celeste linguaggio; e addio voi pure bambinelli scalzi, di cui ci chinavamo a raccogliere le parole come le note d’un canto sommesso, addio a tutti! Nessuno di noi vi ricorderà senza rimpiangervi! Dalle sponde del Tevere, rivolando col pensiero alle sponde del Po, ci soffermeremo sempre in riva all’Arno, per mandarvi un saluto, sempre!....