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204 l’inaugurazione della galleria delle alpi.


Si arrivò a Torino poco dopo le otto. La stazione era illuminata con fuochi di bengala. Il grande atrio, dalla parte di via Nizza, era tutto fregiato di bandiere e di fiori. Le bande musicali suonavano. Le Società operaie ricevettero gli invitati con altissimi evviva, a cui fece eco una moltitudine immensa accalcata in piazza Carlo Felice. La grande facciata della stazione, presentava l’aspetto d’una parete continua di fuoco, a cui reggeva con fatica lo sguardo. Nel mezzo dell’arco centrale si vedeva un grandissimo quadro rappresentante l’Italia e la Francia, due figure gigantesche che si porgono la mano ai piedi delle Alpi. Il Corso del Re, illuminato a grandi archi successivi dalla piazza della stazione fino al Ponte di Ferro, con un apparato, all’imboccatura tra via Lagrange e via Nizza, rappresentante la facciata del Fréjus a Bardonecchia, offeriva l’immagine della galleria. Il giardino della piazza era anch’esso rischiarato da infiniti lumicini nascosti fra l’erba, lungo i sentieri, intorno al laghetto, da cui si alzava con altissimo zampillo la fontana. Era illuminata via Roma, piazza San Carlo, piazza Castello. Tutti gli archi dei portici che girano intorno a questa piazza, tutti gli spigoli dei pilastri, tutti i rilievi delle case scintillavano di fiammelle. Via di Po presentava un aspetto meraviglioso. Di due in due pilastri, a destra e a sinistra, si alzava un sottile tubo a gas, terminante in tre rami fiammeggianti, a forma di giglio. Più in alto pendeva una lunghissima fila di stelle luminose dal capo della strada fino a piazza Vittorio Emanuele. La folla era immensa; l’ordine, fino all’ora in cui scrivo, perfetto.

Così si chiuse questa giornata memorabile.

E ho bisogno di ripetere ancora io quelle parole che ho sentito dir tante volte dall’alba di questa mattina a quest’ora: — La barriera delle Alpi è caduta! — E pareva un disegno insensato! Paure di roccie ribelli ad ogni forza umana, timori di segrete scatu-