male — dissi tra me, e tirai di lungo. Ripassai di là poco dopo: il
battaglione se n’era andato, ma avea lasciato delle brutte traccie: vidi
tre o quattro fucili e tre o quattro zaini sparsi fra l’erba; qualche
soldato, profittando del granturco alto, se l’era battuta. Guardai un
po’ intorno, non vidi nessuno, seguitai la mia strada. Pratico dei
luoghi, presi a traverso i campi, salii sopra un’altura, scesi fino a
mezza la china opposta e mi trovai di fronte a una collina, sulla quale
cominciavano a salire, adagio adagio, i cacciatori del battaglione. La
valle era strettissima, in modo ch’io vedevo distintamente ogni cosa dal
lato opposto. La china era tutta coperta di granturco, sulla cima c’era
un bosco. Pareva che nel bosco non ci fosse nessuno. Dietro i cacciatori
saliva il battaglione, già mezzo scompigliato; a poco a poco furon tutti
lassù e sparirono fra gli alberi. La collina e la valle rimasero deserte
e silenziose; non si sentiva che l’eco del cannone lontano. Però, a
guardar bene, mi pareva che qua e là tra il granturco si movesse
qualcosa; tratto tratto travedo un luccichìo, come di canne di fucili;
osservato meglio, sospettai che fossero soldati rimasti indietro, che
scappavano. Nel punto ch’io mi movevo per andare a vedere, sentii dalla
parte del bosco prima il rumore di poche fucilate, poi un rumore più
fitto, poi uno strepito vivissimo di colpi. — Ci siamo! dissi; si sono
incontrati. — Ma di lì a poco mi parve che il rumore, invece
d’allontanarsi, come speravo, s’avvicinasse: tesi l’orecchio, si
avvicinava davvero; alzai gli occhi, e vidi comparire in cima alla
collina alcuni soldati, che correvano, e poi altri e altri ancora, il
battaglione intero, affollato e disordinato, senza il maggiore. Il
sangue mi diede un tuffo così forte che credetti di mancare; poi mi
prese un freddo che m’agghiacciò, e guardai instupidito. Il battaglione
scendeva la china di corsa, urlando e sparpagliandosi, buttando via
zaini e berretti, che pareva gli si fosse scatenato alle spalle