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ai coscritti. 173

e camminano col bastone, e parlate loro della quinta compagnia, della settima, della nona, di quella certa testa vuota di caporale foriere, di quella buona pelle di soldato, di quel tal altro rompicollo di tamburo, e vedrete come si ricordano di tutto e di tutti, anche molti anni dopo; come si riconducono coll’immaginazione a quei tempi, come s’esaltano, come s’inteneriscono!

Questo pei vecchi, che hanno per voi un affetto paterno. Ma avete pure tanti ufficiali giovani, sul fior degli anni come voi, che vi conoscono uno per uno, che vi stanno sempre vicini, che passano, si può dire, la giornata con voi, che sanno i vostri bisogni, che vi prodigano le loro cure, che sono come vostri amici e vostri fratelli maggiori. Abbiate fiducia in loro, ricorrete a loro quando vi occorre un parere o un consiglio, fate veder loro che essi v’ispirano più assai affetto che timore; siate aperti e franchi, e cacciate dall’animo quella diffidenza ombrosa e cocciuta che vi fa vedere in ogni superiore un soprastante malevolo, o un persecutore, o un nemico. Nemico! e perchè? Nessuna cosa l’ufficiale ambisce più vivamente che l’affetto e la fiducia dei suoi soldati, e nulla più gli dispiace e l’offende che il veder qualcuno fra loro che lo guarda in cagnesco senza una ragione fondata; ma solamente perchè vede in lui personificato il rigore e il castigo. Che gusto volete che ci trovi l’ufficiale a farsi malvolere da coloro in mezzo a cui ha da passare metà della sua vita? Perchè il suo primo e più vivo desiderio non dovrebbe esser quello di non aver mai da punire, mai da rimproverare, mai da inquietarsi?

Ma il voler bene col cuore non basta; bisogna provarlo coi fatti: ubbidire, e ubbidire colla spontaneità e colla sollecitudine che previene il rimprovero senza lasciar travedere il timor del castigo; e non solo fare il proprio dovere, ma mostrare di capirlo, e non solo mostrar di capirlo, ma far vedere che lo si ha per