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ai coscritti. 169

non è che l’amore della propria famiglia esteso dalle mura della nostra casa paterna fino ai confini dello Stato di cui siamo cittadini. Lo spirito di abnegazione che ci dà forza per faticare e soffrire, e coraggio per combattere e affrontare la morte in difesa del paese, non è che quello stesso spirito che ci induce a lavorare e a sudare più che non faremmo per noi, quando nostro padre è vecchio e inetto al lavoro; non è che lo spirito che ci fa vegliare le notti al capezzale di nostra madre colpita dal contagio, quando gli amici e i parenti paurosi l’hanno abbandonata; è lo stesso spirito fatto più potente e più ardito. L’amor di patria non è che l’amore d’una vasta parentela ignota; quando questo manca, nessun altro affetto attecchisce e mette radici profonde.

Custoditelo dunque, quest’affetto; mantenetelo vivo ed intero come lo sentiste nell’istante in cui vi siete separati dalla vostra famiglia; preservatelo religiosamente dalle offese del tempo, del mal esempio e dei cattivi costumi; preservate quest’affetto, il quale alla sua volta preserverà voi da molte bassezze, da molte colpe e da molti rimorsi. Non è possibile che un figliuolo sinceramente affettuoso e devoto si macchii mai di una codardia. Il pensare che un tal atto imprime il marchio del disonore sulla fronte di chi gli ha dato la vita, e contrista gli ultimi suoi giorni, basta per sè solo a rattenerlo sulla via del dovere e della virtù in qual più difficile cimento egli si venga a trovare. Il soldato che contamina il suo nome e tradisce la sua bandiera apre nel cuore dei suoi la più terribile ferita che vi possa aprir mano umana. Al contrario, nessun orgoglio è ad un tempo più caro e più legittimo in una famiglia, che quel d’aver dato all’esercito un bravo soldato. E il far sì che la nostra famiglia vada giustamente altera di noi, e aggiunga all’affetto naturale che ci porta il sentimento della gratitudine, è una delle più generose e gentili prove di virtù che possa