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4 un addio a firenze

porticine che paion buche; una casa alta come una torre, una bassa come una capanna, una grossa, una mingherlina, una avanti, una indietro, tutte di sghimbescio, come buttate là a caso..... Piovve per molti giorni. Io stavo in via Pietra Piana, verso la porta, e passavo dell’ore alla finestra, guardando nella strada, solo e pensieroso. Ad ogni sbatter di porta, la casa tremava tutta come se volesse cadere. — Ci restassi sotto! — dicevo — tanto ho da crepare di malinconia....

Poi venne il bel tempo, e col bel tempo l’umore allegro.

Passarono tre o quattro mesi.

Un bel giorno osservai che per andare da casa all’ufficio ero passato ogni mattina per la stessa via; mi meravigliai di non aver pensato a prenderne un’altra, me ne domandai la ragione. — Forse, dissi tra me, è l’effetto di quella tal casa che vedo di scorcio sulla cantonata, appena son fuori della porta. Sarà fors’anco la chiesa che c’è di rimpetto. O son le finestre del palazzo accanto a casa mia, che guardo sempre. O i bassorilievi del palazzo più piccolo ch’è vicino alla chiesa. O sono tutte queste cose insieme. — Poi, fermandomi in mezzo a una piazza, mi venne fatto di domandarmi che cosa fosse che mi tratteneva, in quel certo punto e in quel certo modo, coll’aria e col sentimento di chi sta in casa sua; perchè mi pigliasse la voglia di appoggiare le spalle al muro e di finire il mio sigaro in pace; come non mi potessi trattenere dal chiamar gli amici che passavano, e attaccar discorso, e far crocchio, e sciupare in chiacchiere una mezz’ora. Cercai di spiegare a me stesso il perchè avessi contratto l’abitudine di rallentare il passo a quella tal svoltata, di guardare intorno su quel tal crocicchio, di andar oltre col viso in aria.....

Una mattina mi accorsi con sorpresa di avere nel capo, distinte una ad una, le immagini d’una cinquantina di case di strade diverse, delle quali avrei