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il capitano ugo foscolo. 157

«Il solo Bravosi — scrive al generale di divisione — resta fidecommesso nella stanza della rogna; ed il solo Ragazzi, ladro, esce tutti i giorni dalla sua prigione, fra l’immondizia e lo squallore, esempio quotidiano ai malfattori.» È scolpito.

E poi certi passaggi curiosi. Scrivendo a un sergente-maggiore, dopo un’invettiva violenta, conclude solennemente:

«E il cacciatore Gabbetto è creditore vostro di lire 3 per una camicia!»

Altrove una tirata sulle stufe, sulle marmitte, sui vetri rotti.

E di qualunque cosa parlasse, sempre lo stesso impeto, lo stesso fuoco, come se declamasse una poesia o improvvisasse un’orazione.

Nè queste cure impedivano al Foscolo di studiare. Dopo gli esercizi militari, che spesso Napoleone faceva fare per lunghe e lunghe ore anche colla pioggia dirotta, e specie nei giorni di riposo, mentre i soldati coltivavano gli orti intorno alle baracche, e gli ufficiali ballavano, amoreggiavano o giocavano al biliardo, il Foscolo studiava ardentemente la lingua inglese, incominciava la traduzione dello Sterne, scriveva la stupenda Epistola a Vincenzo Monti; e commosso dallo spettacolo di dugentomila uomini accampati sulla sponda dell’Oceano, meditava la seconda edizione del Montecuccoli e volgea in mente i carmi alteri come il brando che dovevano accender la musa di Silvio Pellico; tanto è vero, come scrisse il Pecchio, che chi sa rinunciare alla bottiglia, alla pipa e alle carte, abbonda sempre di tempo anche in mezzo alle funzioni della guerra. In una parola, il poeta fortificava in lui, anzichè snervare il soldato, e gli dava lena a sopportare con animo invitto i disagi, nonostante ch’egli avesse amato prima ed abbia amato poi la vita molle ed agiata. L’amò poeta, soldato la disprezzò. E certo doveva aver virtù di tal genere, — osservò giustamente uno de’ suoi bio-