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preti e frati. 117

prêtres? E il verso dopo: Non, non, on n’y touchera pas. E altre amenità poetiche su quest’andare.

Ma dal verso in cui è detto che gli Italiani vanno a Roma per far man bassa sulle chiese e sui preti, si capisce che dovette esser quella la finzione di cui si servirono principalmente i fautori del governo papale per suscitare e tener vivo il fanatismo nei soldati, per ispirare nel popolo l’avversione al governo italiano, e per alimentare la diffidenza in quei molti che, pure essendo cattolici in buona fede, manifestavano o lasciavano trapelare sentimenti e desiderii italiani.

Questo fatto spiegherebbe pure l’astensione d’una parte del popolo dalle dimostrazioni entusiastiche così nella città di Roma che nei villaggi della provincia.

A Monterotondo, discorrendo con un cittadino dei più noti, e in voce di liberale, gli domandammo come fosse contento del nuovo stato di cose:

“Per me sono contentissimo;” rispose, e lo diceva sinceramente: “tutto va bene, non si potrebbe desiderare di meglio.” E poi a bassa voce: “Hanno rispettato le chiese, hanno lasciato stare i preti; messe, vespri, funzioni, ogni cosa come prima.”

“Oh curiosa! Ma credeva che si venisse qui a guastare il mestiere ai preti, lei?”

“Io?... nemmen per sogno.”

Certo che lo credeva, e con lui chi sa quanti, che all’entrare dei nostri soldati si saranno chiusi in casa e fatti dar del codino. Ma ora che si son disingannati e rassicurati, non credo che saranno meno sinceramente Italiani degli altri.

Non ricordo in che villaggio, una donna del popolo fermò il primo ufficiale che vide, e gli disse con voce affannosa e supplichevole: “È una buona persona il nostro curato, glie l’assicuro; è un galantuomo; non gli dispiace mica che vengano i soldati del Re; non gli facciano nessun male, lo dica ai soldati, ci faccia questa carità....”