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116 | preti e frati. |
Monte Mario. Ecco laggiù la campagna romana, nuda e sinistra; di qui debbono aver veduto il passaggio delle divisioni del Cadorna, compagnia per compagnia, cannone per cannone. Ecco Monterotondo, Tivoli, Frascati, Albano, e più a destra, lontano, quella sottile striscia luminosa, il mare. Roma! Roma! Benedetto nome che non s’è mai stanchi di dirlo; c’è qualche segreto in questo suono; Roma! Pare che sempre ce lo ripeta l’eco nell’orecchio: Roma! Eccola qui tutta....
Un soldato accanto a me guarda anch’egli Roma con aria pensierosa; pare che voglia dire qualche cosa, sorride, alza una mano, la batte sul parapetto: Finalment....
Sentiamo quel che vien dopo.
— Ghe semm!
Senti come l’ha detto con gusto! E tutti gli altri soldati, sul punto di scendere, agitando una mano: — Addio, addio, Roma!
E giù per le lunghe scale tortuose echeggia il suono dei passi precipitosi e delle voci allegre.
PRETI E FRATI.
Nelle caserme pontificie si trovarono molte copie d’un inno di guerra, dettato in francese, che par che dovessero cantare gli zuavi andando a combattere. Ha molti punti di somiglianza colla Marsigliese. Ha un ritornello che comincia: Catholiques, debout! Ha una strofa che arieggia quella dell’inno francese: Entendez-vous dans ces campagnes, colla differenza che ai féroces soldats sono sostituiti les barbares. Ha un verso che dice: Viendront-ils nous prendre (ci dev’essere un verbo più feroce, ma non lo ricordo) nos églises, nos