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94 | alla francia. |
vittoria per sè sola ed in sè sola basta, e la sconfitta non entra se non come fatto indispensabile o conseguenza necessaria. Quindi è che chi prova quella soddisfazione, non può far sì nell’esprimerla che l’espressione non ne tradisca l’origine e non abbia qualche volta delle forme dure. Siccome quel piacere non gli basta, fruga nella sconfitta a cercarvi nuovo alimento; le vuole assegnare delle cagioni che tornino a disdoro della parte che la toccò; vuol distruggere o attenuare quelle che la spiegherebbero nel modo meno umiliante; della superiorità del numero del vincitore tocca di volo; del valore dei soldati vinti tace; teme che alla parte avversa sia rimasto anche un po’ di baldanza e di fiducia, e gliene vuol negare il diritto; deve infine esercitare ed esprimere un sentimento non degno, nè a lui medesimo grato; un sentimento che non esprimeremmo mai noi, quando la fortuna sorridesse alla Francia, perchè il nostro desiderio non mira all’umiliazione d’un nemico odiato, ma alla gloria d’un amico antico ed amato, e in questa si circoscrive e si appaga....
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....Per noi la Francia è un affetto di fonte antica, per molte e nuove cagioni cresciuto, radicato, gagliardo; e però ci sarà sempre un conforto, nè lo muterà la fortuna. Quest’affetto, dove la Francia soggiaccia, ci costerà assai più amarezza che non ne costerebbe la sua vittoria a chi oggi la vorrebbe veder nella polvere; ma perciò ci sarà più caro, come tutti gli affetti che il sacrifizio accompagna e a cui la costanza è natura. Eravamo gelosi dell’integrità della Francia come di terra nostra, e ci abbiamo veduto entrar lo straniero. Ci sentivamo compresi della gloria delle sue armi, e l’abbiamo vista oscurarsi. Amavamo i suoi valorosi soldati, e li abbiamo visti disperdere. Veneravamo i suoi