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alla francia. | 89 |
un pochino fiaccato; ora basta così, sono soddisfatto, vincano pure, grido anch’io: Viva la Francia. —
Si lasci correre quel che c’è di stravagante e di pericoloso in codesto far le parti della vittoria come d’una torta sfogliata. Non è possibile gridar veramente col cuore: Viva la Francia! adesso, dopo aver desiderato ch’ella fosse condotta a questi estremi e corresse pericolo di una disfatta intera e irreparabile. Ma sia pur benedetto l’augurio, benchè tardo, e s’avveri.
Ora io domando a coloro che persistono nel primo desiderio, non per altra ragione che di quell’orgoglio odiatissimo, se non credono proprio che possa bastare a contentarli quello che accadde finora. La Francia provocò e fu vinta; volle invadere e fu invasa; gridava: A Berlino, e ora si stringe intorno alle fortificazioni di Parigi; confidava nell’onnipotenza del suo esercito, e ora chiama alle armi tutti i cittadini; credeva che i suoi nemici si dissipassero al suo soffio, e già parlava il linguaggio della vittoria, e ora dice ai suoi figli: Bisogna prepararsi a morire per salvare l’onore. E questo mutamento seguì in pochi giorni, in poche ore, può dirsi, e duramente, amaramente, a traverso d’una splendida illusione che le fece sentire intorno alla fronte l’alloro e le strappò un grido di trionfo, per ricacciarla subito nell’abbattimento e nel dolore, coronata di spine, muta ed intenta al crescente fragore dei nemici che credeva già sgominati e lontani.
Quando un popolo ha provato di questi disinganni e di queste angoscie, se proprio non gli si augurava altro che una lezione di modestia, se non lo si odia di odio cieco e selvaggio, si deve dire: Basta!
Temono forse costoro che una grande vittoria a Metz risusciti l’orgoglio mal domato dalle piccole sconfitte di Wissemburgo e di Wörth?
Ah! quando dalla parte che vince vi era il terribile dilemma: — essere o non essere; — quando dietro