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tangeri | 79 |
che giravano a drappelli, a cavallo agli asini, di collina in collina, e ci gettavano un allegro: Buenos dias, caballeros! passandoci accanto di galoppo.
Malgrado pero la vita varia e nuova che menavamo a Tangeri, s’era tutti impazienti di partire, per poter essere di ritorno nel mese di Giugno, prima dei grandi calori. L’Incaricato d’affari aveva mandato un corriere a Fez ad annunziare che l’ambasciata era pronta; ma dovevano passare almeno dieci giorni prima che fosse di ritorno. Notizie private dicevano che la scorta era in viaggio; altre che non era ancora partita; eran tutte voci incerte e contraddittorie, come se quella Fez sospirata non fosse a duecento venti chilometri, ma a duemila miglia dalla costa. E questo, da un lato, ci piaceva, perchè quella passeggiata di quindici giorni prendeva così, nella nostra immaginazione, l’apparenza d’un lungo viaggio, e Fez l’attrattiva d’una città misteriosa. Al quale effetto servivano pure le strane cose che ci dicevano di quella città, del suo popolo e dei pericoli del viaggio, coloro che v’erano stati con altre ambasciate. Ci dicevano che erano stati circondati da migliaia di cavalieri, i quali li salutavano con una tempesta di fucilate a bruciapelo, a rischio d’accecarli; che s’erano sen-