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monto. A quell’ora vi sarà una cinquantina d’Europei che passeggiano a coppie o a gruppi, a qualche centinaio di passi gli uni dagli altri, in modo che dalle mura della città si riconoscono uno per uno alla distanza d’un miglio. Viene innanzi una signora inglese a cavallo, accompagnata da una guida; più in là, due mori della campagna; dopo i mori, il Console di Spagna colla sua signora; poi un Santo; poi una cameriera francese con due bimbi; poi uno stormo di campagnuole arabe che passano un’acqua, scoprendo le ginocchia e nascondendosi il viso, e più lontano, a intervalli, un cappello a staio, un cappuccio bianco, un chignon, fino all’ultimo che dev’essere il Segretario della Legazione di Portogallo coi calzoni chiari che gli hanno portato ieri da Gibilterra; perchè in questa piccola colonia europea tutti sanno tutto di tutti. Se non fosse irriverente il paragone, direi che mi pare una passeggiata di condannati a domicilio coatto, o di viaggiatori tenuti in ostaggio dai pirati d’un’isola selvaggia, che aspettino l’arrivo d’un bastimento col denaro del riscatto.


È assai più facile raccapezzarsi nell’immensità di Londra che in mezzo a questo pugno