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a tetto piramidale, — valgono i minareti bianchi e leggerissimi che si alzano al cielo come smisurate antenne d’avorio dalla sommità delle colline di Stambul. Mentre stavo là guardando nel cortile, una donna, di dietro alla fontana delle abluzioni, mi fece un atto colla mano. Potrei lasciar credere che fosse un bacio; ma era un pugno.

Son salito alla Casba, o castello, posto sopra una collina che domina Tangeri. È un gruppo di piccoli edifici circondati di vecchie mura, dove stanno le autorità, i soldati e i prigionieri. Non ci trovai che due sentinelle assonnate, sedute davanti a una porta, in fondo a una piazzetta deserta, e qualche mendicante disteso in terra, saettato dal sole e divorato dalle mosche. Di lassù si abbraccia collo sguardo tutta Tangeri, che si stende ai piedi delle mura della Casba e risale su per un’altra collina. L’occhio rifugge quasi da tutta quella bianchezza purissima, macchiata soltanto qua e là dal verde di qualche fico imprigionato fra muro e muro. Si vedono i terrazzi di tutte le case, i minareti delle moschee, le bandiere delle Legazioni, i merli delle mura, la spiaggia solita-