dell’omicidio! Sono quei Rifani, berberi di razza, che non hanno altra legge che il loro fucile, che non riconoscono nè caid nè magistrato; i pirati audaci, i banditi sanguinarii, i ribelli eterni che popolano le montagne della costa da Tetuan alla frontiera algerina; che non riuscirono a domare nè i cannoni dei vascelli europei nè gli eserciti del Sultano; gli abitanti, in fine, di quel Rif famoso, dove nessun straniero può mettere piede che sotto la salvaguardia dei santi e dei sceicchi; a cui si riferiscono ogni sorta di leggende paurose; e i popoli vicini ne parlano vagamente come d’un paese lontano e inaccessibile. Se ne vedono di frequente per Tangeri. Son uomini alti e robusti; molti vestiti d’una cappa oscura, ornata di nappine di vario colore; alcuni col viso segnato di rabeschi gialli; tutti armati di fucili lunghissimi, di cui portano la guaina rossa attorcigliata intorno alla fronte in forma di turbante; e vanno a gruppi, parlando a voce bassa, col capo chino e gli occhi all’erta, come drappelli di bravi che cerchino la vittima. E appetto a loro gli Arabi più selvaggi mi paiono amici d’infanzia.